lunedì 25 settembre 2017

Recensione di "Le otto montagne" ∼ Paolo Cognetti

BuonGiorno Lettori,
Oggi vi racconto il Premio Strega 2017: Paolo Cognetti e il suo Le otto montagne hanno vinto con una larga maggioranza sui quattro rivali. Un racconto breve e asciutto, ma capace di toccare le corde del cuore per la sua semplicità.

Le otto montagne
Paolo Cognetti
Pubblicato da Einaudi, 2016.

Pietro è un ragazzino di città. La madre lavora in un consultorio di periferia; il padre è un chimico, un solitario. Sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Quando scoprono il paesino di Graines sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quella Val d’Ayas. E lì, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole. Sono estati di esplorazioni e scoperte, gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre,“la cosa più simile a un’educazione che io abbia ricevuto da luiil suo vero lascito. Paolo Cognetti esordisce nel romanzo con un libro sui rapporti che possono essere accidentati ma granitici, sulla possibilità di imparare e sulla ricerca del nostro posto nel mondo.


Quando ho sentito parlare di questo libro era diverso tempo prima della sua proclamazione al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Non conoscevo l’autore e mi ero, dunque, ripromessa di leggerlo entro il 6 luglio. Ma la lista dei libri da leggere era talmente lunga, rimandando diverse volte: potete immaginare la delusione di assistere alla serata trasmessa da Rai 3, senza averlo letto! Il tempismo non è il mio forte!


Lo scrittore al momento della Premiazione
Alla fine, l’ho iniziato solo qualche giorno fa: è stata una lettura davvero rapida, sia per la brevità oggettiva del romanzo, sia per la sua scorrevolezza. Inizialmente mi sono dovuta abituare al modo secco, un po' freddo e verace con cui Cognetti racconta la storia di Pietro, di Bruno e delle loro famiglie. Ogni capitolo o paragrafo è come guardare una fotografia.

Pietro nella sua città natale, Milano (Foto 1): una città degli anni '70-'80, abitata da chi, tra gli altri, ha lasciato la propria terra per un futuro più prospero. È questo il caso di Giovanni Guasti: il classico uomo di montagna silenzioso, un po' burbero e che soffre terribilmente lontano dalle sue montagne. Sua moglie, dal cuore più malleabile, si adatta meglio alla vita di città, complice anche il suo lavoro che la spinge a stringere rapporti con il prossimo (Foto 2).


Castello di Grana
Pietro cresce in un clima di silenzi, incomprensioni e non detti, fino a quando i Guasti non scoprono Grana (Foto 3). Questo paesino regala tanto a Pietro: un coetaneo, Bruno, con il quale stringe un’amicizia solida e duratura come solo quelle iniziate da piccoli sanno esserlo; la possibilità di conoscere un padre diverso, o meglio un padre nel proprio habitat naturale e dunque, il suo lato migliore; la consapevolezza di amare la montagna, scoprire come guardarsi dentro, conoscersi realmente.
Cosí adesso conoscevo anch’io la nostalgia della montagna, il male da cui per anni l’avevo visto afflitto senza capire. Anch’io adesso potevo incantarmi alla comparsa della Grigna in fondo a un viale. Rileggevo le pagine della guida del Cai come fosse un diario, imbevendomi della loro prosa d’altri tempi, e m’illudevo di ripercorrere i sentieri passo passo (…) I giorni di Grana mi sembravano così lontani da chiedermi se fossero esistiti davvero (…) La primavera tornava perfino a Milano e la nostalgia si trasformava in attesa che arrivasse il momento di tornare su.
∼ Parte I, Capitolo 3.

Bruno ha la stessa età di Pietro ma si occupa del pascolo delle mucche e aiuta nella produzione del formaggio: è l’infanzia tipica di chi deve aiutare in casa, nonostante sia un bambino, e dare il proprio contributo. Ma ogni occasione è buona per perdersi a guardare i salmoni nei torrenti, giocare con l’eco, irrompere in qualche casa abbandonata per scovare tesori. In questi giochi, si scopre la bellezza della semplicità, dell’illimitata fantasia dei bambini, capaci di impegnarsi per ore senza la televisione o un videogioco. Queste pagine danno un senso di libertà e spensieratezza che, per chi come me ha sempre vissuto in città, fanno ripensare con nostalgia a un’infanzia trascorsa diversamente.


Cognetti, il suo cane e la sua montagna
Ma poi Pietro e Bruno crescono. Cambiano le priorità, cambia il proprio modo di essere o si vogliono accantonare i malumori, le incomprensioni e i rapporti. Ma ciò nonostante la nostalgia colpisce anche Pietro quando una toccante sorpresa si frappone tra il presente e Grana.
Può anche apparirti del tutto diverso, da adulto, un posto che amavi da ragazzino, e rivelarsi una delusione; oppure può ricordarti quello che non sei piú e metterti addosso una gran tristezza. Non è che avessi tutta questa voglia di scoprirlo.
∼ Parte II, Capitolo 5

Pietro afferma che l’unica vera educazione ricevuta dal padre riguardava la montagna: Giovanni spera che la montagna possa essere la lingua per spiegare al figlio come superare le difficoltà e il senso della vita. È il modo più generoso che Giovanni conosce per comunicare. Altrimenti sono gli indovinelli ad essergli d’aiuto.
Guarda quel torrente, lo vedi? – disse. – Facciamo finta che l’acqua sia il tempo che scorre. Se qui dove siamo noi è il presente, da quale parte pensi che sia il futuro? Ci pensai. Questa sembrava facile. Diedi la risposta piú ovvia: – Il futuro è dove va l’acqua, giú per di là – Sbagliato, – decretò mio padre. – Per fortuna –.
∼ Parte I, Capitolo 1.

Leggendo, scopriamo perché la risposta è sbagliata e scopriamo anche il motivo di questo titolo. Le otto montagne. Una toccante storia si cela. Ma vi lascio la curiosità di scoprirlo da voi.

Mi ha fatto piacere conoscere Cognetti con questo libro, perché mi è sembrato una piacevole chiacchierata a cuore aperto con un montanaro: mi ha fatto scoprire o riscoprire, per certi versi, la poesia che si nasconde dietro un paesaggio che strenuamente si difende dall’uomo; mi ha fatto capire quando sia indissolubile il legame tra una persona come Giovanni e la montagna e soprattutto cosa spinge l’uomo a fare scalate o lunghe passeggiate fino a 4000 metri.
Non l’hanno mica scelto. Se uno va a stare in alto, è perché in basso non lo lasciano in pace. – E chi c’è, in basso? – Padroni. Eserciti. Preti. Capi reparto. Dipende.
∼Parte I, Capitolo 2

Questo è sicuramente un caso estremo ma forse non completamente, perché ho la sensazione che chi sceglie di vivere lassù preferisca una vita meno comoda ma scandita da ritmi naturali, piuttosto che da quelli frenetici e caotici della città.

Ho apprezzato il romanzo: una bella tensione narrativa conclude il libro, però, la vittoria dello Strega, mi sembra un po' eccessiva. Se ripenso a chi in passato lo ha vinto, Pavese, Eco o la Morante per esempio, mi sembra un confronto impari. È anche vero che non serve guardare al passato e non avendo letto gli altri quattro finalisti, non dovrei giudicare prima di conoscerli. Ciò nonostante, posso sbilanciarmi e consigliarvi questo romanzo, perché è un bel racconto di amicizia, ma soprattutto  un dichiarazione d’amore a mamma natura.

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