domenica 28 gennaio 2018

Chiamami col tuo nome ∼ Film 2018

BuonGiorno Lettori,
continua il mio periodo di stress e mai una gioia; di letture ne sto facendo poche e quindi ecco a voi un'altra recensione di un film: Chiamami con il tuo nome è il film di Luca Guadagnino in questi giorni in programmazione in poche sale  (Si sa, in Italia viviamo ancora nel Medioevo!!!) e candidato agli Oscar 2018 come miglior film.

Mi sono decisa a vedere questo film nonostante la mia diffidenza nei confronti dei film acclamati da molti e la mancata passione per gli anni '80. Ora mi trovo a scrivere con fatica questa recensione: è il segno che la pellicola mi è davvero piaciuta.

È il 1983 e in una calda estate italiana (localizzata indistintamente come Nord) conosciamo Elio (Timothée Chalamet), un poliedrico diciassettenne, e lo studente americano Oliver (Armie Hammer). Elio ama e interpreta la musica; riscrive e reinventa Bach; diletta, non sempre con voglia, la famiglia e amici al piano o con una chitarra. 
Legge.
Esce con i coetanei.
Impiega il tempo come può.
Il mio mantra
Oliver è l'esteta che legge Eraclito e che incarna il fascino dello straniero in vacanza. Tutti lo amano, tutti lo cercano. Ma lui si nega, nascondendosi dietro un later, a dopo.


È scientificamente provato: si desidera ciò che non si può avere. Elio non è da meno e si innamora di Oliver: si strugge per una persona a cui non crede di interessare, ha mille dubbi nello scoprirsi innamorato di un uomo, quando le ragazze non gli mancano. Elio, in una sola estate, "cresce, a mezzanotte". Tra nuotate, giri in bicicletta, letture e ritrovamenti archeologici, il ragazzo è iniziato all'età matura, attraverso un percorso di ricerca di sé e di autodefinizione, pronto a mettere in discussione l'ordine del cosmo.

È stato più facile, per me, capire la psicologia di Elio. Oliver mi è sembrato più enigmatico, più sfuggente: ho avuto la sensazione che il regista abbia approfondito maggiormente il personaggio di Elio. Sicuramente riuscito è il modo in cui si racconta il rapporto tra Elio e i suoi genitori: questi adulti che hanno dato vita ad una famiglia cosmopolita, capiscono e appoggiamo completamente le scelte del ragazzo. Quattro occhi, un divano e un monologo, non aggiungo altro!



La bellezza di guardare questo film in lingua originale, permette di sentire tre-quattro lingue diverse in sole due ore: l'inglese, il francese, l'italiano e un tocco di tedesco si mescolano in un turbine, un miscuglio piacevolmente orchestrato che riflette il conflitto psicologico del giovane. L'indefinitezza o l'imbarazzo della scelta, quando si hanno troppe carte da giocare in una sola partita.


Il posto di Elio
Le performance attoriali dei due protagonisti mi hanno convinta tantissimo. Non li conoscevo: sono rimasta piacevolmente colpita dalla profondità di sentimenti resa da un ragazzo poco più che ventenne come Timothée Chalamet e dal sentimento più maturo ma dai tratti fragili di Armie Hammer.

Ho amato la fotografia e i campi lunghi che lasciavano intravedere distese illimitate di campi assolati o una cascata tra le montagne. La colonna sonora, nonostante il tocco ovviamente anni '80, mi è piaciuta e ha sottolineato, enfatizzando, quei momenti durante i quali parlano solamente le espressioni, gli occhi, le mani e i pensieri dei protagonisti.



Un film riuscito secondo me, e mi auguro che possa portare a casa qualche premio dalla notte degli Oscar. Ma, ancor di più, spero che possa abbattere i muri del perbenismo dal sapore bigotto che tuttora svettano nel nostro paese. L'esclusiva programmazione in cinema di nicchia o per film vietati ai minori fa male e conferma l'arretratezza, che mi spingo a definire incivile, in cui viviamo. Se la stampa e i canali ufficiali non ne parlano, dobbiamo essere noi spettatori a farlo! Quindi andate al cinema e regalatevi questo bel film!


P.S. La storia di Elio e Oliver è anche su carta. Conoscete il romanzo di André Aciman, altrimenti vi piacerebbe leggerlo?
Siete già andati a veder il film?

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