BuonGiorno Lettori,
continua il mio periodo di stress e mai una gioia; di letture ne sto facendo poche e quindi ecco a voi un'altra recensione di un film: Chiamami con il tuo nome è il film di Luca Guadagnino in questi giorni in programmazione in poche sale (Si sa, in Italia viviamo ancora nel Medioevo!!!) e candidato agli Oscar 2018 come miglior film.
Mi sono decisa a vedere questo film nonostante la mia diffidenza nei confronti dei film acclamati da molti e la mancata passione per gli anni '80. Ora mi trovo a scrivere con fatica questa recensione: è il segno che la pellicola mi è davvero piaciuta.
È il 1983 e in una calda estate italiana (localizzata indistintamente come Nord) conosciamo Elio (Timothée Chalamet), un poliedrico diciassettenne, e lo studente americano Oliver (Armie Hammer). Elio ama e interpreta la musica; riscrive e reinventa Bach; diletta, non sempre con voglia, la famiglia e amici al piano o con una chitarra.
Legge.
Esce con i coetanei.
Impiega il tempo come può.
Impiega il tempo come può.
Il mio mantra |
Oliver è l'esteta che legge Eraclito e che incarna il fascino dello straniero in vacanza. Tutti lo amano, tutti lo cercano. Ma lui si nega, nascondendosi dietro un later, a dopo.
È scientificamente provato: si desidera ciò che non si può avere. Elio non è da meno e si innamora di Oliver: si strugge per una persona a cui non crede di interessare, ha mille dubbi nello scoprirsi innamorato di un uomo, quando le ragazze non gli mancano. Elio, in una sola estate, "cresce, a mezzanotte". Tra nuotate, giri in bicicletta, letture e ritrovamenti archeologici, il ragazzo è iniziato all'età matura, attraverso un percorso di ricerca di sé e di autodefinizione, pronto a mettere in discussione l'ordine del cosmo.
È stato più facile, per me, capire la psicologia di Elio. Oliver mi è sembrato più enigmatico, più sfuggente: ho avuto la sensazione che il regista abbia approfondito maggiormente il personaggio di Elio. Sicuramente riuscito è il modo in cui si racconta il rapporto tra Elio e i suoi genitori: questi adulti che hanno dato vita ad una famiglia cosmopolita, capiscono e appoggiamo completamente le scelte del ragazzo. Quattro occhi, un divano e un monologo, non aggiungo altro!
La bellezza di guardare questo film in lingua originale, permette di sentire tre-quattro lingue diverse in sole due ore: l'inglese, il francese, l'italiano e un tocco di tedesco si mescolano in un turbine, un miscuglio piacevolmente orchestrato che riflette il conflitto psicologico del giovane. L'indefinitezza o l'imbarazzo della scelta, quando si hanno troppe carte da giocare in una sola partita.
Il posto di Elio |
Ho amato la fotografia e i campi lunghi che lasciavano intravedere distese illimitate di campi assolati o una cascata tra le montagne. La colonna sonora, nonostante il tocco ovviamente anni '80, mi è piaciuta e ha sottolineato, enfatizzando, quei momenti durante i quali parlano solamente le espressioni, gli occhi, le mani e i pensieri dei protagonisti.
Un film riuscito secondo me, e mi auguro che possa portare a casa qualche premio dalla notte degli Oscar. Ma, ancor di più, spero che possa abbattere i muri del perbenismo dal sapore bigotto che tuttora svettano nel nostro paese. L'esclusiva programmazione in cinema di nicchia o per film vietati ai minori fa male e conferma l'arretratezza, che mi spingo a definire incivile, in cui viviamo. Se la stampa e i canali ufficiali non ne parlano, dobbiamo essere noi spettatori a farlo! Quindi andate al cinema e regalatevi questo bel film!
P.S. La storia di Elio e Oliver è anche su carta. Conoscete il romanzo di André Aciman, altrimenti vi piacerebbe leggerlo?
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